Tende che rimandano ad una dimensione tattile e percettiva dello spazio. Basate sui temi della trasparenza e della leggerezza. E sulla dialettica tra corpo e contenitore, in funzione dei flussi, delle interrelazioni, dei valori immateriali.
Niente pareti ma membrane trasparenti in grado di captare i segnali dello spazio circostante, pochi gli arredi, fondamentali.
Una sintesi fatta di gesti elementari: recinti evanescenti e fluide percorrenze.
Cilindri delimitati da tessuti trasparenti come forma di liberazione da pareti, contenitori, fondazioni, non per negare la materialità quanto piuttosto per ridurla a sensorialità.
Il risultato, riferito alla tenda nomade, è la standardizzazione delle operazioni e la variabilità delle forme in funzione dei desideri e delle necessità dell’abitante.
L’obiettivo è aumentare lo spazio abolendo le divisioni, promuovere la versatilità riducendo la rigidità.
L’effetto è una sovrapposizione visiva, un’accumulazione di segnali in grado di diventare paesaggio mediatico.